La Robiola di Roccaverano DOP è un formaggio caprino a pasta
molle che nasce nei territori del sud della provincia astigiana, al confine con
la Liguria, che comprende una ventina di comuni (10 nell’astigiano e 9
nell’alessandrino) il cui più rappresentativo è Roccaverano, nonché l’unico
paese in cui, nei secoli, si è venduta la robiola.
Il termine robiola ha matrice tardo-latina, “rubeolus”, che si
riferisce al colore rossiccio che alcuni tipi di formaggelle assumono con la
stagionatura. Oggi questo termine indica prevalentemente il taglio di
dimensione; si riferisce infatti a forme di 200/300 grammi, indipendentemente
dal tipo di latte e di caseificazione. Già Plinio il vecchio nel I secolo d.C.
citò la Robiola di Roccaverano nelle sue ricerche, e nel IV secolo Pantaleone
ne descrisse addirittura il processo produttivo, che poco differiva da quello
attuale. Alla fine del diciannovesimo secolo, Don Pistone, un sacerdote della
parrocchia di Roccaverano, trascrivendo la storia del paese dal 960 al
1860, riporta che nei secoli passati per
lunghi periodi si tennero fino a 5 fiere annue attraverso le quali si
commerciava la robiola, che divenne molto apprezzata e richiesta in Francia;
non si richiedeva un formaggio generico, ma un formaggio dalla denominazione e
dalle caratteristiche precise. Si può parlare quindi di queste fiere come delle
antenate dell’attuale fiera Carrettesca, nonché come di un primitivo centro di
esportazione. La conservazione nei secoli scorsi come oggi avveniva in due
modi: o sott’olio dentro dei barattoli, mantenendone intatte le
caratteristiche, oppure ponendo le forme nella paglia e facendole quindi
stagionare, anche se in modo più lento e controllato.
La Robiola di Roccaverano ha la certificazione DOP dal 1996, e
questo ne fa il primo caprino DOP in Italia, ma sapete chi fu a decretare la
Robiola di Roccaverano prodotto ad origine protetta? Niente di meno che il
Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che proprio nel marzo di 40 anni fa
appose la sua firma sul decreto di riconoscimento. Proprio 40 anni fa nasce il
Consorzio dei produttori di Robiola di Roccaverano, ente imprescindibile per la
richiesta e l’ottenimento della certificazione DOP.
Il disciplinare prevede che almeno il 50% del latte utilizzato
nella produzione sia di capra, perché quando si è ottenuta la DOP il numero di
capre presenti in zona non era sufficiente per imporre una percentuale
maggiore, ma oggi le capre sul territorio della DOP sono circa 5.000, per una
produzione di circa 420.000 formaggette all’anno, e quasi tutte prodotte al
100% con latte di capra. L’alimentazione dei capi è parte fondamentale del
disciplinare, come avviene per pochissimi altri formaggi: devono pascolare
almeno 6 mesi all’anno, non si possono utilizzare insilati nell’alimentazione,
e minimo l’80% del foraggio utilizzato durante l’anno deve provenire dai campi
della zona della DOP. Che è una zona collinare brulla, povera di graminacee, ma
ricca di altre specie verdi sia erbacee che arboree, poco adatta
all’allevamento di animali grossi e grandi consumatori di foraggio come i
bovini, motivo per cui, nei secoli, si è rivelata idonea proprio agli
allevamenti caprini. Le razze allevate e ammesse dal disciplinare sono la capra
di Roccaverano e la camosciata delle Alpi.
Delle 17 aziende che producono Robiola di Roccaverano, ben 16
curano internamente tutta la filiera: dall’allevamento, alla mungitura, alla
caseificazione, alla stagionatura, tutto avviene in azienda.
Il logo che uniforma tutti i produttori è contraddistinto da una
R e da una torre merlata stilizzata. L’occhiello della R rappresenta una
formaggella, mentre la torre merlata è la torre di Roccaverano, che una volta
aveva anche un castello di cui ora rimane solo un muro, ma che basta a darci
l’idea di come dovesse essere imponente, e quindi importante, nel periodo tardo
medievale. La torre è inserita in un percorso escursionistico creato dal Cai,
che si chiama “giro delle 5 torri” e che parte da Monastero Bormida, passa per
San Giorgio Scarampi, Olmo Gentile, Roccaverano, Vengore, per poi tornare a
Monastero Bormida. È un sentiero impegnativo, che farà sentire chi avrà voglia
di farlo come un pellegrino di secoli li fa, incluso lo stupore suscitato dai
meravigliosi paesaggi. Durante la stagione estiva vengono organizzate
escursioni di gruppo con la possibilità di fare parte del percorso, o il
ritorno finale al punto di partenza, con dei pulmini.
Sotto il nostro logo compare anche la dicitura pura capra,
oppure latte misto, dove il misto può essere di pecora delle Langhe, oppure di
vacca, anche se come già detto, sono sempre meno le robiole a latte misto.
Sotto alla gamba della R, un fregio colorato giallo e verde richiama il verde
dei pascoli e la sinuosità delle colline della zona di produzione.
Ma tornando alla nostra robiola, la Roccaverano è un formaggio a
coagulazione acida, lavorato intorno ai 19/20 gradi, che richiede una quantità
minima di caglio, non prima che sia iniziato il processo di acidificazione; la
coagulazione è lenta, la durata dipende dalla stagione, ma si aggira intorno
alle 20 ore; dopodiché la cagliata formata viene delicatamente trasferita nelle
fascere senza essere pressata, dove nelle successive 48 ore spurga e viene
costantemente girata e salata a secco. Dopo altri 4 giorni può essere venduta
come robiola fresca, ma la maturazione ottimale si ha tra i 12 e i 18 giorni,
perché intorno ai 15 giorni assume la consistenza cremosa che tanto l’ha fatta
apprezzare sulle tavole italiane, e non solo. Esiste poi un piccolo mercato di
“vecchie signore”, ovvero robiole con stagionature estreme, che arrivano quasi
a stravolgere quanto conosciamo della Robiola di Roccaverano, diventa un
formaggio da grattugia dal sapore forte e aggressivo, esaltando i sentori di
animale che alla maturazione ottimale sono appena accennati; queste però si
trovano solo in loco presso gli spacci aziendali dei produttori, oppure in
qualche angolo dei banchetti dei produttori durante l’annuale fiera carrettesca
a fine giugno.
Oggi la Robiola di Roccaverano si trova in commercio con una
discreta facilità; nel corso dell’ultimo anno il Consorzio ha messo a punto una
nuova confezione nata per il trasporto che permette alla Robiola di continuare
a stagionare e di “respirare”, maturando in modo uniforme e garantendone quindi
la qualità fino alla tavola del consumatore finale. Viene prodotta e venduta
tutto l’anno, ma trattandosi di un prodotto di breve stagionatura possiamo dire
che la Robiola che è sulle nostre tavole a Natale è un formaggio molto diverso
da quello che possiamo gustare in primavera o in tarda estate. Ottimo motivo
per assaggiarla, e riassaggiarla, più volte, imparando a conoscere meglio
questo piccolo gioiello nascosto e tramandato per secoli nelle colline del sud
astigiano.
Ovviamente anche la Robiola di Roccaverano dal 20 al 23
settembre sarà presente a Cheese a Bra, anzi, il 22 settembre, alle ore 13,
sarà protagonista di un laboratorio con degustazione ad ingresso gratuito.
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il logo della Robiola di Roccaverano |
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Una robiola di Roccaverano fresca |
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Le Robiole con la nuova confezione che ne preserva la qualità al meglio |
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Roccaverano |
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