mercoledì 5 febbraio 2020

Il formaggio che ha fatto perdere la testa ai francesi (nel medioevo)


La Robiola di Roccaverano DOP è un formaggio caprino a pasta molle che nasce nei territori del sud della provincia astigiana, al confine con la Liguria, che comprende una ventina di comuni (10 nell’astigiano e 9 nell’alessandrino) il cui più rappresentativo è Roccaverano, nonché l’unico paese in cui, nei secoli, si è venduta la robiola.
Il termine robiola ha matrice tardo-latina, “rubeolus”, che si riferisce al colore rossiccio che alcuni tipi di formaggelle assumono con la stagionatura. Oggi questo termine indica prevalentemente il taglio di dimensione; si riferisce infatti a forme di 200/300 grammi, indipendentemente dal tipo di latte e di caseificazione. Già Plinio il vecchio nel I secolo d.C. citò la Robiola di Roccaverano nelle sue ricerche, e nel IV secolo Pantaleone ne descrisse addirittura il processo produttivo, che poco differiva da quello attuale. Alla fine del diciannovesimo secolo, Don Pistone, un sacerdote della parrocchia di Roccaverano, trascrivendo la storia del paese dal 960 al 1860,  riporta che nei secoli passati per lunghi periodi si tennero fino a 5 fiere annue attraverso le quali si commerciava la robiola, che divenne molto apprezzata e richiesta in Francia; non si richiedeva un formaggio generico, ma un formaggio dalla denominazione e dalle caratteristiche precise. Si può parlare quindi di queste fiere come delle antenate dell’attuale fiera Carrettesca, nonché come di un primitivo centro di esportazione. La conservazione nei secoli scorsi come oggi avveniva in due modi: o sott’olio dentro dei barattoli, mantenendone intatte le caratteristiche, oppure ponendo le forme nella paglia e facendole quindi stagionare, anche se in modo più lento e controllato.

La Robiola di Roccaverano ha la certificazione DOP dal 1996, e questo ne fa il primo caprino DOP in Italia, ma sapete chi fu a decretare la Robiola di Roccaverano prodotto ad origine protetta? Niente di meno che il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che proprio nel marzo di 40 anni fa appose la sua firma sul decreto di riconoscimento. Proprio 40 anni fa nasce il Consorzio dei produttori di Robiola di Roccaverano, ente imprescindibile per la richiesta e l’ottenimento della certificazione DOP.
Il disciplinare prevede che almeno il 50% del latte utilizzato nella produzione sia di capra, perché quando si è ottenuta la DOP il numero di capre presenti in zona non era sufficiente per imporre una percentuale maggiore, ma oggi le capre sul territorio della DOP sono circa 5.000, per una produzione di circa 420.000 formaggette all’anno, e quasi tutte prodotte al 100% con latte di capra. L’alimentazione dei capi è parte fondamentale del disciplinare, come avviene per pochissimi altri formaggi: devono pascolare almeno 6 mesi all’anno, non si possono utilizzare insilati nell’alimentazione, e minimo l’80% del foraggio utilizzato durante l’anno deve provenire dai campi della zona della DOP. Che è una zona collinare brulla, povera di graminacee, ma ricca di altre specie verdi sia erbacee che arboree, poco adatta all’allevamento di animali grossi e grandi consumatori di foraggio come i bovini, motivo per cui, nei secoli, si è rivelata idonea proprio agli allevamenti caprini. Le razze allevate e ammesse dal disciplinare sono la capra di Roccaverano e la camosciata delle Alpi.
Delle 17 aziende che producono Robiola di Roccaverano, ben 16 curano internamente tutta la filiera: dall’allevamento, alla mungitura, alla caseificazione, alla stagionatura, tutto avviene in azienda.
Il logo che uniforma tutti i produttori è contraddistinto da una R e da una torre merlata stilizzata. L’occhiello della R rappresenta una formaggella, mentre la torre merlata è la torre di Roccaverano, che una volta aveva anche un castello di cui ora rimane solo un muro, ma che basta a darci l’idea di come dovesse essere imponente, e quindi importante, nel periodo tardo medievale. La torre è inserita in un percorso escursionistico creato dal Cai, che si chiama “giro delle 5 torri” e che parte da Monastero Bormida, passa per San Giorgio Scarampi, Olmo Gentile, Roccaverano, Vengore, per poi tornare a Monastero Bormida. È un sentiero impegnativo, che farà sentire chi avrà voglia di farlo come un pellegrino di secoli li fa, incluso lo stupore suscitato dai meravigliosi paesaggi. Durante la stagione estiva vengono organizzate escursioni di gruppo con la possibilità di fare parte del percorso, o il ritorno finale al punto di partenza, con dei pulmini.
Sotto il nostro logo compare anche la dicitura pura capra, oppure latte misto, dove il misto può essere di pecora delle Langhe, oppure di vacca, anche se come già detto, sono sempre meno le robiole a latte misto. Sotto alla gamba della R, un fregio colorato giallo e verde richiama il verde dei pascoli e la sinuosità delle colline della zona di produzione.

Ma tornando alla nostra robiola, la Roccaverano è un formaggio a coagulazione acida, lavorato intorno ai 19/20 gradi, che richiede una quantità minima di caglio, non prima che sia iniziato il processo di acidificazione; la coagulazione è lenta, la durata dipende dalla stagione, ma si aggira intorno alle 20 ore; dopodiché la cagliata formata viene delicatamente trasferita nelle fascere senza essere pressata, dove nelle successive 48 ore spurga e viene costantemente girata e salata a secco. Dopo altri 4 giorni può essere venduta come robiola fresca, ma la maturazione ottimale si ha tra i 12 e i 18 giorni, perché intorno ai 15 giorni assume la consistenza cremosa che tanto l’ha fatta apprezzare sulle tavole italiane, e non solo. Esiste poi un piccolo mercato di “vecchie signore”, ovvero robiole con stagionature estreme, che arrivano quasi a stravolgere quanto conosciamo della Robiola di Roccaverano, diventa un formaggio da grattugia dal sapore forte e aggressivo, esaltando i sentori di animale che alla maturazione ottimale sono appena accennati; queste però si trovano solo in loco presso gli spacci aziendali dei produttori, oppure in qualche angolo dei banchetti dei produttori durante l’annuale fiera carrettesca a fine giugno.

Oggi la Robiola di Roccaverano si trova in commercio con una discreta facilità; nel corso dell’ultimo anno il Consorzio ha messo a punto una nuova confezione nata per il trasporto che permette alla Robiola di continuare a stagionare e di “respirare”, maturando in modo uniforme e garantendone quindi la qualità fino alla tavola del consumatore finale. Viene prodotta e venduta tutto l’anno, ma trattandosi di un prodotto di breve stagionatura possiamo dire che la Robiola che è sulle nostre tavole a Natale è un formaggio molto diverso da quello che possiamo gustare in primavera o in tarda estate. Ottimo motivo per assaggiarla, e riassaggiarla, più volte, imparando a conoscere meglio questo piccolo gioiello nascosto e tramandato per secoli nelle colline del sud astigiano.
Ovviamente anche la Robiola di Roccaverano dal 20 al 23 settembre sarà presente a Cheese a Bra, anzi, il 22 settembre, alle ore 13, sarà protagonista di un laboratorio con degustazione ad ingresso gratuito.




il logo della Robiola di Roccaverano
Una robiola di Roccaverano fresca

Le Robiole con la nuova confezione che ne preserva la qualità al meglio

Roccaverano


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