Un po’ per moda, un po’ per riscoperta delle antiche
tradizioni, da qualche tempo i formaggi di capra si stanno guadagnando le luci
della ribalta. Non mi riferisco solo alle DOP, che quando si parla di latte
caprino si contano sulle dita di una mano sola, ma anche e soprattutto ai
formaggi che sono più o meno parte della tradizione ed ai loro derivati di
fantasia. Per questo ho iniziato a guardarmi intorno e ho notato che, almeno
per quanto riguarda il Monferrato, splendida zona del Piemonte, ci sono diverse
realtà di caseifici di nuova apertura creati e gestiti da giovani entusiasti,
che hanno scelto di fare della capra il proprio latte di elezione. Mi
piacerebbe accompagnarvi in una piccola passeggiata in alcuni di questi
caseifici.
Ho pensato di partire dal caseificio più lontano
geograficamente da me, perché si trova nella zona della D.O.P. di latte di
capra più rappresentativa del Piemonte; non me ne vogliano le altre, ma la
robiola di Roccaverano, benchè il disciplinare ammetta anche latte misto, è una
robiola prevalentemente a latte di capra (infatti è prevista la versione 100%
latte di capra), e con la Formaggella del Luinese rappresentano le uniche 2
D.O.P. italiane con latte 100% capra. Inoltre, nel caso aveste voglia di vedere
da vicino questa realtà, la Fiera Carrettesca di Roccaverano si avvicina (29 e
30 giugno) e sarebbe un buon pretesto per visitare queste zone che, oltre che
per i formaggi deliziosi, sono molto piacevoli.
Sono quindi andata a visitare la Cà nel Prà, il cui nome
significa la Casa nel prato; e una bella casa e un grande prato ci sono
davvero, e fanno da biglietto da visita all’azienda che si affaccia sulla
strada che da Alessandria corre giù giù verso il mare, fino a Savona. Luca e
Simona sono una coppia originaria di Varese che da una decina d’anni si è
appassionata al mondo dei formaggi, e nello specifico dei formaggi di capra.
Affascinati dall’idea di produrre il formaggio con la filiera più corta
possibile, hanno cercato una zona che avesse una DOP di latte di capra, e nel
2012 hanno deciso di trasferirsi a Spigno Monferrato.
Spigno è nella DOP della Robiola Roccaverano, da cui dista
pochissimi chilometri, ed è alla fine della Valle Bormida, che è ancora
Piemonte, e Monferrato, ma è già un po’ Liguria, perché tutti i giorni, intorno
all’ora di pranzo, soffia il marino, il vento che giunge dal mare e porta aria
salmastra che caratterizza le erbe che crescono da queste parti, donando
profumi e aromi che rendono unico il latte e i formaggi che ne derivano. Spigno
è un piccolo paese che come molti altri si è spopolato nel corso dell’ultimo
secolo, ma a differenza di altri borghi più o meno anonimi, è caratterizzato da
un piccolo e grazioso centro storico, uno dei più ricchi e signorili dell’Alto
Monferrato: palazzi nobiliari, portali in arenaria scolpita, logge e ballatoi segnano
un vero e proprio percorso della memoria tra strette vie, archivolti, passaggi
aerei, facendoci pensare a ciò che, secoli fa, doveva essere. Da qui,
attraversando un antico ponte romano, si giunge all’abbazia romanica che oggi è
un’abitazione privata, ma che conserva il suo imponente e rigoroso aspetto
esterno intatto e fermo nei secoli.
In questo contesto affascinante, Luca e Simona hanno deciso
di trasferirsi, pianificando meticolosamente il loro progetto di filiera corta,
che chiamano “dal foraggio al formaggio”. Hanno minuziosamente progettato a
tavolino la stalla, facendo in modo che il latte venga agitato e spostato il
meno possibile: il latte infatti viene portato dalla mungitrice senza l’ausilio
di pompe meccaniche, ma solo grazie al sottovuoto, fino al serbatoio
refrigerato, e da qui, per caduta, arriva “a richiesta” direttamente nella
caldaia. La struttura chimica del latte di capra fa sì che le micelle di grasso
siano molto delicate e sensibili alla rottura per via degli scossoni, e per
questo è importante che subisca meno shock possibile.
Ma non solo, la stalla, che ospita anche, con accesso
separato, il caseificio, è costruita in modo che il fienile sia direttamente
collegato ad essa, e quindi i balloni di fieno vengono portati in stalla e
distribuiti alla capre con il forcone. In questa azienda non vengono usate
macchine agricole di nessun tipo, e i campi di proprietà (e lavorati da un
contadino della zona) sono seminati con una miscela di semi studiata
appositamente sulla base dei loro valori nutrizionali e sui gusti delle capre,
come Latte, Fulvia, Lucciola e Lanterna, che qui amano ad esempio l’erba a
foglia larga. La selezione dei foraggi che vengono acquistati viene fatta solo
tra alimenti no OGM, il che permette all’azienda di essere iscritta nel bio-Distretto
Suol d'Aleramo.
Le capre sono di razza camosciata, esenti CAEV e brucellosi
e tutte iscritte all’albo; la stalla può ospitare 120 capi, ma al momento sono
poco meno di 100, in quanto i primi 30 capi sono arrivati a fine 2015 e da
allora si stanno riproducendo incrementando l’allevamento. Le capre sono
animali curiosi e molto giocherelloni, durante la mia visita alla stalla alcuni
capretti sono saltati fuori dai recinti (che sono modulari e rimovibili, quindi
permettono di pulire agevolmente e di frequente la lettiera, oltre che
permettere alle capre di muoversi liberamente e senza spazi inutilizzati) e si
sono avvicinati per prendere le coccole e farsi fare una fotografia. Qui in
stalla le capre stanno il minimo indispensabile, perché proprio fuori dalle
porte della stalla c’è uno dei pascoli di proprietà dove possono scorrazzare
liberamente.
Non solo il caseificio, ma anche la stalla, hanno la
certificazione HACCP, e da qui escono delle piccole meraviglie: essendo
originari di Varese, Luca e Simona, nel caseificio dei loro sogni, avevano in
mente di produrre la Formaggella del Luinese D.O.P., cosa che hanno fatto
comunque, anche se non sono in zona: producono rispettando il disciplinare della
DOP, con l’unica differenza che mettono la formaggella sottovuoto poco dopo la
salatura: così facendo continua a stagionare, in modo più controllato ed
uniforme, senza formare una vera e propria crosta, e quindi rimane morbida e
completamente bianca anche all’esterno. Oltre alla formaggella producono la
Robiola di Spigno, che altro non è che la robiola di Roccaverano, (e qui siamo
in piena zona D.O.P. anche se Luca non ha ancora deciso se prendere o meno la
D.O.P.), fatta secondo il disciplinare e con il loro latte che, tra gli altri,
vendono anche al caseificio di Roccaverano. Producono poi la robiola del Bec,
solo in stagione, e una toma prodotta con un procedimento molto simile
all’Asiago, ma che è, come tutti gli altri formaggi, al 100% capra. Il prodotto
più curioso che ho assaggiato è il Mogrontis, per la cui produzione Luca fa una
toma di capra simile alla toma Piemonte, che fa stagionare per circa 2 mesi,
che poi viene grattugiata e unita ad altri ingredienti (tra cui aglio,
peperoncino e pochissimo pomodoro, solo per colorare). Questa ricetta risale
all’epoca romana, quando il formaggio, per motivi di conservazione, veniva
fatto stagionare fin quasi a seccarlo, e poi lo si consumava grattugiato e
ri-ammorbidito impastandolo con olio e spezie. La ricetta una volta si era
diffusa al seguito dei soldati in tutto l’impero romano, ma oggi si conserva
ormai solo più a Spingo (dove Luca l’ha ricreata partendo da una ricetta di 200
anni fa, l’ultima traccia conosciuta), e sulle Canarie, dove si chiama Almogronte,
e trova alcune varianti nelle spezie che vengono aggiunte. Questo è un vero e
proprio caso di archeo-gastronomia!
E’ stata una bella esperienza conoscere meglio la realtà di questo angolo del Monferrato che ci regala da molti anni un’eccellenza tra i formaggi di capra. Spero che la prossima tappa del mio viaggio nei caprini monferrini vi farà scoprire ed apprezzare un altro punto di vista su questa “microarea” del Piemonte.
Luca e Simona |
la Robiola di Spigno fresca |
La Robiola di Spigno di una ventina di giorni |
Luca e una delle caprette nate quest'anno |
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